Redattore / Editore che avanza un pretesto linguistico per avvertire il traduttore che gli cambia la traduzione:
“Ciao Massimo!
Chin-Ups o Pull-Ups. Spesso hai lasciato genericamente trazioni alla sbarra. Potrebbe andar bene, ma l’autore in alcuni esempi parla espressamente di un tipo di trazioni, quindi si lasciano in inglese tutti e due.”
Traduttore che difende il proprio operato, desideroso di fare vedere quante notti passa a riflettere per il bene dell’editore e del lettore:
“Ciao!
Chin up / pull up. Io ho cercato di seguire questa logica:
L’autore considera le pull up una progressione dalle chin up.
Dove necessario ho indicato se con presa prona o supina.
Dove si parla genericamente di chin up, ho indicato solo “trazioni alla sbarra”,
il tipo sarà determinato dal livello dell’atleta.”
Redattore / Editore che taglia corto:
“Ciao Massimo!
Chin up e pull up mi prendono meno spazio nei titoli degli esercizi, diciamo che questo è il motivo principale. In più non rischiamo di far interpretare al lettore il tipo di trazione, lasciando pari pari come scrive l’autore.”
Questo scambio di messaggi avvenuto di recente (a proposito di questo libro) mi ha indotto a riflettere su un aspetto del mio lavoro che fino a ora non avevo mai molto approfondito. Sto parlando della dimensione, che con l’avvento di memorie sempre più capienti e connessioni sempre più veloci è diventata un aspetto che alberga in una zona remota della mente del traduttore.
Eppure, la dimensione fisica può alla fine prendere il sopravvento su qualsiasi processo cognitivo, anche del migliore dei traduttori, spesso a sua insaputa. Di solito il traduttore consegna la traduzione e poi perde per sempre di vista il suo lavoro, raramente è interpellato dal redattore, che si appropria del testo. Vive una condizione diversa da quella dell’autore, che discute costantemente con l’editore su come deve essere scritta l’opera. Il traduttore ha un potere negoziale molto inferiore.
La trasposizione su carta trasferisce il testo dalla dimensione illusoria dello spazio virtuale illimitato a una dimensione reale, di questo mondo finito. Anche per questo amo le pubblicazioni cartacee, perché non voglio perdere il contatto con la Terra (cit. F. Battiato). Le dimensioni fisiche dei fogli su cui sarà stampata la traduzione, delle immagini che accompagnano il testo, i margini e tante altre cose, determinano le dimensioni delle gabbie in cui il grafico editoriale inserisce il testo e quindi lo spazio a disposizione di quest’ultimo. Nella nostra società dell’immagine e della velocità, spesso è il testo che deve adattarsi a tutto il resto.
Impariamo dai maestri
Tiziano Terzani raccontava di essersi messo l’animo in pace: lui scriveva quello che voleva, poi l’editore e il redattore facevano il loro mestiere. Così affrontava senza tormenti il suo lavoro per Der Spiegel e non si logorava il fegato quando per mancanza di spazio un redattore gli tagliava un passaggio che magari a lui era costato grandi sforzi.
Esiste un conflitto fra la manifestazione materiale delle nostre voglie sconfinate e della necessità di infinito (cit. CCCP) del nostro pensiero e le regole assegnate a questa parte di universo (cit. F. Battiato). Possiamo voler pensare, dire e scrivere tutto quello che vogliamo ma alla fine, per una ragione o un’altra, dovremo fare i conti con forze superiori a noi. Bisogna farsene una ragione.
Alla prossima!
Nella home page potete prendere visione di tutti i miei servizi di traduzione.