Seconda parte: Mosca, una permanenza breve ma intensa.
Arrivo a Mosca e alla stazione mi procuro un po’ di rubli, mi servono subito per usare la metropolitana. All’impiegata allo sportello scarico le grivnie e allungo qualche euro. La gente mi appare subito più arcigna rispetto all’Ucraina. Uscito dalla metropolitana, continuo a piedi, seguendo le indicazioni fornite sul sito dell’ostello, dove ho appuntamento con Filippo per quel giorno. Ci arrivo senza perdermi, mi presento alla reception, tutto a posto. Mi metto ad aspettare Filippo. Dopo un po’ arriva, giunge dall’aeroporto. Ritrovarsi è una gioia, siamo compagni di viaggio collaudati, ci lega un’amicizia profonda e ci intendiamo senza dover fare troppe discussioni. Siamo entrambi vegetariani e questo ci complica un po’ le cose. Spesso risolviamo i pasti a un baracchino che vende patate lesse con varie salse.
Vagabondando a Mosca
Non staremo molto a Mosca e non ne sappiamo granché. Andiamo alla Piazza Rossa, al Cremlino, troviamo per caso delle grandi targhe intitolate agli eroi del comunismo, fra cui Ho Chi Minh e Gramsci. Tutto molto suggestivo. Facciamo delle gran camminate, imbattendoci nei vari palazzoni sovietici disseminati per la città. Marx, Lenin, falci, martelli e stelle rosse ancora abbondano, nessuno si è dato la pena di rimuoverli dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, buon per noi turisti. L’ostello si rivela una baraonda. Siamo in una camerata con un sacco di giovani americani che fanno baldoria fino a notte fonda. La mattina dopo dobbiamo comprare i biglietti per la transiberiana. Alla reception dell’ostello ci indicano un’agenzia ma non ne tiriamo fuori un ragno dal buco e usciamo scornati. Decidiamo di andare a vedere un grande museo sovietico in periferia.
Nel corso della giornata mi chiama Marco da Kiev: l’angelo è diventato una diavolessa e lui vuole tornarsene a casa. Dopo un po’ mi chiama questa Lucifera, che non vuole che Marco se ne vada, e mi implora di chiamarlo. Ok, lo chiamo. Dopo qualche ora mi richiama lei che mi attacca un bottone pazzesco, mentre io penso alla bolletta del cellulare che troverò nella cassetta della posta al mio rientro in Italia. Grazie al mio intervento diplomatico la separazione è cosa fatta.
A Mosca con il fiato sul collo
La sera rientriamo in ostello dove ci aspetta un’altra nottata disco. Prima di entrare nella camerata da ballo dobbiamo decidere come affrontare il viaggio transmongolico: tutto a dritto fino a Ulaan Baatar o lo spezziamo? Accanto al computer c’è il manifestino di un ostello a Irkutsk, sul lago Baikal. Sembra interessante… decidiamo di fermarci là, mando un e-mail a Irkutsk, sperando che qualcuno lo legga. La mattina seguente riproponiamo il problema del biglietto transiberiano alle ragazze della reception. Una di loro si offre di aiutarci, in cambio di una commissione, ragionevole. Usciamo. La ragazza ha un passo indiavolato, facciamo fatica a starle dietro. Ci spiega che a Mosca tutti corrono perché gli uffici hanno orari strani e frazionati. Perdere anche solo un minuto può voler dire buttare via una giornata. Allo sportello la ragazza avvia una gran discussione con l’impiegata.
Sembrano esserci problemi: non c’è posto sullo stesso treno fino a Irkutsk. Vista la nostra totale impreparazione, questo è un grosso problema, perché non sapremmo dove altro andare se non a Irkutsk. La discussione si prolunga e la gente in coda comincia a rumoreggiare. Finalmente la ragazza ci mette in mano i biglietti. C’è scritto Irkutsk. Partenza fra tre giorni. Più che sufficiente, anche se non abbiamo capito quale fosse il problema. Lo scopriremo più in là. Subito dopo aver incassato i nostri soldi l’impiegata chiude lo sportello e ciò scatena l’ira verso di noi da parte di tutti quelli che ci stavano dietro in coda. Ce la svigniamo con passo rapido.
Un problema diventa un’opportunità
Di nuovo in partenza
Usciamo per fare un giro. Quando rientriamo notiamo che è arrivato un altro ospite che si presenta come un professore americano venuto qui a studiare non si capisce cosa. Siamo stanchi morti e ci sdraiamo sul letto a castello. Dopo pochissimo entrano nella stanza due ragazze, appena arrivate e bellissime. La stanchezza passa subito e facciamo notte fonda a chiacchierare con queste due svizzere. Il giorno dopo lo passiamo insieme a loro. Rivisitiamo alcuni luoghi dove eravamo già stati ma vista la compagnia ne vale la pena. Facciamo di tutto per approfondire il più possibile la conoscenza fino a notte tarda ma l’approfondimento non giunge fin dove speravamo. Rientriamo in casa, che si è riempita al massimo, anche nelle altre stanze. La proprietaria e la tipa che la aiuta dormono per terra. Le scavalchiamo ed entriamo in camera. Non abbiamo voglia di dormire e ci mettiamo a fare giochini stupidi con le svizzere. Il professore ci infama borbottando, noi facciamo finta di nulla, fino a che crolliamo tutti per la stanchezza.

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